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Il segmento testuale Ordine Nuovo è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 162Analitici , di cui in selezione 21 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Norberto Bobbio, Umberto Calosso e Piero Gobetti in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...]é piccoli gruppi di giovani appassionati e dediti alla causa, a Mazzini. Ricorda infine che uscendo da quell'incontro, « in via Venti Settembre », qualcuno commentò: « È un editore quacchero ». Non saprei dire se per questa impressione o per altri motivi, certo è che Calosso non collaborò a « Energie nove », come del resto neppure alla seconda rivista gobettiana « La rivoluzione liberale », e si avvicinò sin dai primi mesi della fondazione a « l'Ordine Nuovo » con una lettera aperta al giornale pubblicata il 9 agosto 1919, e ne diventerà assiduo collaboratore quando il settimanale si trasformerà in quotidiano 2. L'unico contributo di Calosso alle riviste gobettiane è un articolo
1 Questo riferimento a Gramsci trova un riscontro nella nota del carcere che Gramsci dedicò allo stesso argomento, a proposito del libretto di V. MORELLO, Dante, Farinata, Cavalcante, Milano, Mondadori, 1927, ora in Quaderni del carcere, Torino, Einaudi, 1975, pp. 522526. La nota manoscritta di Calosso continua cosí: « È il canto dell'"amicizia stellare" dt cui parla Nie[...]

[...]a detto questo in un modo incomparabile. Io devo spiegar tutto questo attraverso la mia esperienza, senza gli svolazzi letterari infantili e cianurici e senza le note "erudite" del mio saggio infantile ». Inutile precisare che l'aggettivo « cianurici » è una scherzosa allusione a Vittorio Cian, allora professore di letteratura italiana all'università di Torino.
2 Per queste ed altre informazioni M. GRANDINETTI, Umberto Calosso: giornalista nell'Ordine Nuovo, relazione al Convegno sulla figura e l'opera di Calosso, svoltosi ad Asti il 13 e 14 ottobre.
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manzoniano, apparso su « Il Baretti » nell'aprile 1927, quando Gobetti era già morto 3.
Il secondo cenno autobiografico della prefazione su ricordata riguarda l'episodio ben più noto della sua successione a Gobetti come critico teatrale di « l'Ordine Nuovo ». Sospesa improvvisamente la pubblicazione di « Energie nove » nel febbraio 1920, Gobetti aveva iniziato a collaborare a « l'Ordine Nuovo » come critico teatrale nel gennaio 1920. Avendo dovuto rallentare la propria collaborazione dopo qualche mese, in parte perché sotto le armi dal luglio 1921, in parte perché all'inizio del 1922 era tutto preso ormai dal progetto della nuova rivista, Calosso fu chiamato spesso a sostituirlo. La prima nota teatrale attribuita a Calosso appare nel numero del 5 gennaio 1922, ed è dedicata alla rappresentazione di una commedia di Niccodemi, L'alba, il giorno e la notte. Da allora le note di Calosso siglate « m.s. », oppure firmate con lo pseudonimo « Mario Sarmati »4, si alterneranno a quelle di [...]

[...]itica teatrale, cit., pp. 601605.
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e il serioso Gobetti che si alternano nelle cronache teatrali appare evidentissimo. I giudizi di Calosso sono generalmente benevoli anche per le commedie che si capisce benissimo egli considera delle sciocchezze. Se s'impunta lo fa quando gli pare ne valga la pena. Si leggano le colonne dedicate alla Parisina di D'Annunzio: « Poesia? No, melodramma, un pessimo libretto per musica » (« l'Ordine Nuovo », 4.4.1922, p. 4, firmato « m.s. »). Del resto, quando gliene viene l'occasione non esita a esprimere senza tanti complimenti ciò che lo divide dall'amico armato di frusta. Per fare un esempio: Gobetti non amava Goldoni 7, ed ecco che Calosso nella cronaca della rappresentazione de Il ventaglio, sbotta: « Chi osa alzare la frusta sul grande Goldoni? » (« l'Ordine Nuovo », 7.2.1922, p. 3, firmato « m.s. »). L'allusione è evidente. In un articolo Il loggione settimanale, rispondendo ad alcuni lettori che gli avevano rimproverato di essere abitualmente troppo indulgente, espone il suo concetto del teatro come divertimento e, lamentando che Goldoni sia caduto in disgrazia, continua: « ... e piú d'un Baretti rinnovellato alza la frusta su un certo (cosi dicono) Goldoni stroncandolo in tutte le sue 200 commedie senza distinzione, e ben inteso, senza prima aver avuto la finezza di leggerle » (« l'Ordine Nuovo », 21.2.1922, p. 3, firmato « m.s. »). In altra occasio[...]

[...]oggione settimanale, rispondendo ad alcuni lettori che gli avevano rimproverato di essere abitualmente troppo indulgente, espone il suo concetto del teatro come divertimento e, lamentando che Goldoni sia caduto in disgrazia, continua: « ... e piú d'un Baretti rinnovellato alza la frusta su un certo (cosi dicono) Goldoni stroncandolo in tutte le sue 200 commedie senza distinzione, e ben inteso, senza prima aver avuto la finezza di leggerle » (« l'Ordine Nuovo », 21.2.1922, p. 3, firmato « m.s. »). In altra occasione, a proposito dell'Enrico IV di Pirandello, enuncia la sua interpretazione del teatro pirandelliano e poi commenta: « Tanto meno è il poeta della dialettica, come vuole il mio carissimo amico Baretti Giuseppe. Lo sdoppiamento non è movimento dialettico, ma incertezza e stasi sentimentale » (« l'Ordine Nuovo », 8.3.1923, p. 3, firmato « Mario Sarmati »).
Il dissenso col « carissimo amico » non era soltanto letterario. Negli stessi mesi (le cronache che ho citate stanno tra il gennaio e il marzo 1922) era apparsa la nuova rivista gobettiana, « La rivoluzione liberale » (il cui primo numero è del 12 febbraio). Nel n. del 12 gennaio di « l'Ordine Nuovo » apparve sotto il titolo Alla società di cultura l'annunzio che il 15 del mese Gobetti avrebbe tenuto una conferenza sulla « Rivoluzione liberale », « concetto e parola che è l'impresa di un settimanale politico che uscirà tra poco, diretto dallo stesso Gobetti ». Nel numero del 16 appare sotto il titolo La rivoluzione liberale un ampio commento alla conferenza. L'articolo non è firmato ma Giancarlo Bergami, cui devo questa ed altre preziose informazioni, tratte dalla imponente bibliografia gobettiana cui ha atteso in questi anni, ed è ora in corso di pubblicazione, lo ha attribuito, dietro [...]

[...]ne del resto che la lettura dell'articolo e delle altre note gobettiane di Calosso conferma. Spiega dunque l'anonimo commentatore come il conferenziere avesse cercato di rivelare il « mistero » delle due parole che formano il titolo della imminente rivista. Dal chiaro ed esauriente riassunto della conferenza risulta che Gobetti vi aveva illustrato le idee che costituiscono il famoso Manifesto di « La rivoluzione liberale » e che l'inviato de « l'Ordine Nuovo » era stato un ascoltatore intelligente e attento. Dopo il riassunto, la critica; una critica piutto
7 Si veda la recensione di « Gli innamorati » di Goldoni su « l'Ordine Nuovo » del 6.7.1921: « Non crediamo che Carlo Goldoni possa oggi avere un significato nella nostra cultura e nell'espressione della nostra sensibilità » (Scritti di critica teatrale, cit., p. 317).
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sto dura. Gobetti aveva esposto le sue idee sulla storia del Risorgimento, che passa attraverso il compromesso cavouriano per sfociare nel compromesso riformistico di Giolitti. In poche battute Calosso rifà a suo modo tutta la stessa storia. L'idea liberale che è apparsa tanto importante al Gobetti ha un valore secondario. I moti del '21 hanno una risonanza locale. La prima aff[...]

[...]avvedimento: « L'esperienza stessa — questa è la conclusione — potrà indicare la via di Damasco ad un ragazzo di cuore e di grande ingegno com'è Piero Gobetti ».
Non so se si possa addurre questa critica anticipata della rivista che sta per uscire come argomento per spiegare il fatto che Calosso non vi abbia mai collaborato. L'argomento principale peraltro è che « La rivoluzione liberale » nasceva non solo in concorrenza ma in contrasto con « l'Ordine Nuovo », e soprattutto si rivolgeva a un gruppo di potenziali collaboratori radicalmente diverso, e anzi polemicamente orientato contro i comunisti torinesi. A ogni modo quella critica non guastò i rapporti personali fra il criticante e il criticato, come prova fra l'altro un raro documento della cui conoscenza sono debitore ancora una volta a Bergami. Con la data del 23 gennaio 1922, di pochi giorni posteriore all'articolo su « l'Ordine Nuovo », Gobetti stampa e distribuisce un foglietto pubblicitario intestato alla rivista in cui annuncia una serie di conferenze, anzi di
8 Mi riferisco alla nota di Togliatti, I parassiti della cultura, in « l'Ordine Nuovo » del 15.5.1919, in cui Gobetti era accusato di essere gentiliano, che è accusa che ritorna anche negli scritti di Calosso. Alla nota di Togliatti Gobetti rispose con una nota, Polemica con l'Ordine nuovo, in « Energie nove », 20.5.1919 (ora in Scritti politici, Torino, Einaudi, 1960, pp. 113114).
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« letture », volte a « integrare l'opera di libera cultura promossa dalla nostra rivista La rivoluzione liberale ed effettuare il nostro proposito di severo e preciso lavoro per la formazione di una rinnovata coscienza politica ». Nel primo elenco di conferenzieri compaiono Salvemini con una conferenza sul partito popolare, Burzio su Giolitti, e Mario Sarmati, appunto Calosso, su « comunismo e intelligenza ». Da quel che si può capire il tema proposto da Calosso era una risp[...]

[...], e Mario Sarmati, appunto Calosso, su « comunismo e intelligenza ». Da quel che si può capire il tema proposto da Calosso era una risposta al tentativo gobettiano di far rivivere attraverso la nuova rivista il partito degl'intellettuali salveminiano. Ma se è pericoloso far congetture sul suo contenuto, tanto piú che la conferenza non dovette essere mai tenuta, si può dare per certo che Gobetti non solo non era stato punto dalla paternale di « l'Ordine Nuovo », ma riteneva utile, anche dopo la non benevola accoglienza del suo programma, valersi dell'appoggio che alla nuova rivista poteva venire da parte degli amici comunisti.
L'idea che solo il contatto diretto col movimento operaio avrebbe trasformato il dottrinario astratto in un combattente per la buona causa è un tema costante della polemica comunistica nei riguardi dell'attivismo ideologico gobettiano, ed è ormai diventato un luogo comune che la maturazione politica dell'adolescente fondatore di « Energie nove » sia avvenuta attraverso la collaborazione al giornale comunista. Del resto egli[...]

[...]sso riprende il tema nella prefazione del 1945, anzi ne fa il nucleo centrale della sua rievocazione. Prima del contatto con la classe operaia la cultura di Gobetti era prezzoliniana, gentiliana, missiroliana (« Prezzolini, Gentile, Missiroli: tre uomini senza carattere, interpretati da un giovane di carattere »). Croce venne piú tardi, ma c'erano poi anche Salvemini, Einaudi, Mosca, e i libri del giorno. Se non ci fosse stato l'incontro con « l'Ordine Nuovo » e la classe operaia torinese, tutte queste influenze avrebbero potuto generare « una farandola d'idee senza un centro, una riforma e un liberalismo missiroliano capace dei piú strani funambolismi dialettici, un moralismo prezzoliniano puramente librario ». Non accettò il socialismo ma fu a fianco degli operai. Cosí riuscí a inserire le lotte del lavoro in un liberalismo « di timbro religioso », e ne fece un esempio di « quella riforma morale » che il Risorgimento aveva tentato invano. (Poco prima lo aveva definito « religioso laico » 9.)
Questo ritratto può sembrare oggi un po' di maniera [...]

[...]to da allora infinite volte, e non si può dire che gli studi successivi l'abbiano cambiato tanto da renderlo irriconoscibile. Personalmente credo che il nucleo resistente del pensiero gobettiano sia salveminiano ed einaudiano, ed alla fin fine piú einaudiano che salveminiano, e alla lunga di ascendenza cattaneana con un di piú di giovanile ribollimento che gli veniva dalla consuetudine con Alfieri. Occorre dire che sui rapporti fra Gobetti e « l'Ordine Nuovo » Calosso era già intervenuto una volta e piú a lungo, prima
9 'Piú tardi lo stesso Calosso si definirà « cristiano mazziniano » (dalla relazione di Mariangiola Reineri al convegno su menzionato).
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della prefazione del 1945, in un articolo di ricordi gramsciani pubblicato sui
« Quaderni di Giustizia e Libertà » nel 1933 lo. Lontani ormai i tempi della sua collaborazione al giornale dei comunisti torinesi, giudica quella esperienza con simpatia ma anche con un certo distacco e muove a quel foglio lo stesso rimprovero di « dottrinarismo » che da ordinovista aveva moss[...]

[...]blicato sui
« Quaderni di Giustizia e Libertà » nel 1933 lo. Lontani ormai i tempi della sua collaborazione al giornale dei comunisti torinesi, giudica quella esperienza con simpatia ma anche con un certo distacco e muove a quel foglio lo stesso rimprovero di « dottrinarismo » che da ordinovista aveva mosso a Gobetti. Giunge addirittura ad attribuire a questo dottrinarismo la scissione del 1921: « una colpa, comune a tutte le frazioni, di cui l'Ordine nuovo ha la sua parte » (ivi, p. 77). Termina con una pagina sui rapporti fra il giornale e Gobetti. Ricorda l'ostilità con cui la prima rivista gobettiana fu accolta da Togliatti. Quindi rievoca l'episodio della conferenza con la quale Gobetti aveva presentato la nuova rivista,
e aggiunge che questa volta toccò a un altro redattore (che, come si è visto, era lui stesso) a fare alcune riserve amichevoli ma fondamentali. L'aver capito che
« in quel ragazzo sorridente c'era un attivismo ascetico e un puritanismo pratico che portava un accento originale » fu merito di Gramsci.
A questo punto Caloss[...]

[...]asi tutti i giovani pensanti e militanti (non importa se a destra o a sinistra) ne furono segnati. Ma per molti si trattò di una infatuazione giovanile che non lasciò tracce durature negli anni della raggiunta maturità. Il che avvenne certamente nel caso di Gramsci e di Gobetti. A ogni modo questo avvicinamento tra Gobetti e Gramsci induce Calosso a una conclusione inedita,
e cioè che « in un certo senso, "Rivoluzione liberale" fu l'erede de "l'Ordine Nuovo" » (ibidem). Inedita e isolata. Lo stesso Calosso non la riprese nella prefazione del 1945, dove si limitò a dire che « Rivoluzione liberale » fu « il foglio
lo Gramsci e l'« Ordine Nuovo » in « Quaderni di Giustizia e Libertà », n. 8, agosto 1933, pp. 7079, firmato « Fabrizio ». Nel numero successivo Calosso protesterà col proto che gli ha mutato lo pseudonimo « Fabrizi » in « Fabrizio ». Mentre Fabrizio è un nome romano che ricorda l'onomastica fascista, Fabrizi rievoca il personaggio mazziniano Nicola Fabrizi « vissuto a lungo in quest'angolo perduto [Malta] dove l'esilio mi ha proiettato » (Rettifica, in « Quaderni di Giustizia e Libertà », n. 9, novembre 1933, pp. 9495, firmato « ExFabrizi »).
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piú vivo d'Italia ». (Nell'articolo del 1933 aveva de[...]

[...]o lo pseudonimo « Fabrizi » in « Fabrizio ». Mentre Fabrizio è un nome romano che ricorda l'onomastica fascista, Fabrizi rievoca il personaggio mazziniano Nicola Fabrizi « vissuto a lungo in quest'angolo perduto [Malta] dove l'esilio mi ha proiettato » (Rettifica, in « Quaderni di Giustizia e Libertà », n. 9, novembre 1933, pp. 9495, firmato « ExFabrizi »).
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piú vivo d'Italia ». (Nell'articolo del 1933 aveva detto de « l'Ordine Nuovo » che era stato « uno dei fogli piú originali che l'Italia abbia avuto », ibidem.)
Tralascio riferimenti minori 11. L'ultimo articolo di Calosso dedicato a Gobetti apparve su « Il Mondo » nel n. del 14 maggio 1949, intitolato Gobetti tra Gramsci e Einaudi. Non sarebbe da ricordare perché in gran parte ripete cose dette nella prefazione del 1945, se non fosse per il riconoscimento dell'importanza che ebbe Einaudi nella formazione del giovane idealista, ideatore di una rivoluzione liberale in un'età in cui era avvenuta la prima rivoluzione socialista della storia. Un riconoscimento tardivo? A [...]



da relazione di Costantino Lazzari sotto presidenza Azimonti, Discorso Lazzari in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: [...]rezione del Partito ci ha portati a decidere su questa base. La Terza Internazionale, la quale è stata male informata, in piena buona fede, ma imperfettamente, ed i nostri compagni di Russia ci consigliano continuamente, ci spingono a fare sí che questa scissione avvenga per la necessità del loro movimento e fanno appello agli organi loro speciali in Italia, coi quali si vede hanno rapporti diretti e che sono considerati come il loro Vangelo.
L'Ordine Nuovo di Torino. Sí, noi abbiamo visto con molta simpatia, anche per i muri delle città, i manifesti di questo giornale, significanti il mondo legato con le catene ed il proletariato che spezza queste catene che cascano nell'abisso del creato. È l'ordine nuovo ! Mi ricordo di essermi fermato davanti a quel manifesto. Ma guarda un po' ! L'Ordine Nuovo? Ma perché? Ma questo è ordine vecchio ! Noi abbia
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mo sempre lavorato e lottato per quest'ordine. Noi al popolo abbiamo sempre detto questo, abbiamo sempre detto che questo era l'ordine che si doveva raggiungere in un prossimo futuro e che dovevamo preparare. Di nuovo c'è niente sotto la cappa del cielo. Dal passato preistorico, allorché gli uomini erano fratelli e che poi si sono divisi per necessità della loro vita economica, da allora siamo arrivati al punto in cui oggi si trovano. E vengono all'ordine nuovo? No. Vengono all'ordine futuro, piú perfettamente, in cui sono garantiti gli[...]

[...]sempre lavorato e lottato per quest'ordine. Noi al popolo abbiamo sempre detto questo, abbiamo sempre detto che questo era l'ordine che si doveva raggiungere in un prossimo futuro e che dovevamo preparare. Di nuovo c'è niente sotto la cappa del cielo. Dal passato preistorico, allorché gli uomini erano fratelli e che poi si sono divisi per necessità della loro vita economica, da allora siamo arrivati al punto in cui oggi si trovano. E vengono all'ordine nuovo? No. Vengono all'ordine futuro, piú perfettamente, in cui sono garantiti gli interessi dei produttori, i quali non debbono piú essere né schiavi né vittime degli speculatori e dei proprietari.
Ecco dunque. Quando mi sono trovato di fronte al gruppo dei. compagni torinesi, pieni di sapienza, di attività e di giovinezza, mi sono ricordato quando quaranta anni or sono abbiamo cominciato col Fascio operaio. Anche noi allora eravamo inesauribili di fecondità, nel gettare continuamente legna nel nostro vulcano intellettuale, nell'eccitare e gettare fuori continuamente il prodotto della nostra pass[...]

[...]i fronte al gruppo dei. compagni torinesi, pieni di sapienza, di attività e di giovinezza, mi sono ricordato quando quaranta anni or sono abbiamo cominciato col Fascio operaio. Anche noi allora eravamo inesauribili di fecondità, nel gettare continuamente legna nel nostro vulcano intellettuale, nell'eccitare e gettare fuori continuamente il prodotto della nostra passione, il fremito delle nostre osservazioni. Bene; benissimo fanno i compagni dell'Ordine Nuovo. Ma ho osservato continuamente una specie di difetto nelle loro manifestazioni ed è una deficenza nel sentimento, in quel sentimento che ci deve guidare continuamente attraverso la nostra azione ed in rapporto al sentimento della fraternità e dell'uguaglianza fra di noi. (Approvazioni).
Guardate cosa mi capita di leggere in questo giornale. Vi si pubblica il programma del Partito comunista il quale viene a dire che il Partito comunista, riunendo in sé la parte piú avanzata e cosciente del proletariato... Modestia a parte, i compagni nostri di Torino si credono la parte piú avanzata e piú cos[...]

[...]ei poveri individui, elementi della umanità, che vivono di lavoro e di salario, continuamente, che non hanno proprietà, non hanno ricchezze, e sono proletari, basta che essi si uniscano nella concezione della loro situazione, della loro situazione personale e della loro situazione di classe. Questo é necessario per avere in mano la leva che deve muovere il mondo.
Ecco perché il nostro compagno Carlo Marx concludeva in quel modo. I compagni dell'Ordine Nuovo credo dovrebbero capire molto dalla precisione di linguaggio di Carlo Marx. (Approvazioni). Io non ho la possibilità e non ho i mezzi intellettuali, ma ricordo che parlando una sera in casa di Engels appunto commentando la precisione di linguaggio di Carlo Marx, Engels ripeteva e spiegava la esattezza meticolosa del compagno Marx, il quale pensava che ogni parola vuole dire qualche cosa, specialmente nella pratica. Allora io dico a voi: Considerate la precisione di quella esposizione, di quella espressione. Al compagno che stava scrivendo su quella tela quelle parole io dicevo: Guardate che C[...]

[...]rriva ! C'è stato un buon compagno del nostro Partita, un mio consanguineo, il quale mi scriveva che egli aveva accettato di fare parte della frazione comunista perché «piú avanzata » e che si è trovato poi espulso dalla frazione comunista perché non ha voluto accettare il mezzo di azione della violenza, ed egli aveva creduto, appartenendo alla frazione comunista di essere piú avanzato ! Quando si viene a mettere la questione in questo modo, e l'Ordine Nuovo viene a dire « Siamo la parte piú avanzata e cosciente... » allora si capisce che viene a determinarsi una situazione tale che un uomo di buona volontà dice: « Questi socialisti sono gente coi quali
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non c'è da fare niente: andiamo con gli altri poiché il Comunismo sarà qualche cosa di diverso dal Socialismo ».
Per evitare i pericoli che possono avvenire, io vi prego di leggere e rileggere quell'opuscoletto che venne stampato dall'Avanti !, il primo manifesto firmato anche dai compagni Bombacci, Graziadei, Bordiga, il quale finisce col rilevare che l'obbiettivo generale che dobbiamo rag[...]

[...]noi affretteremo in tutti i modi. L'azione compiuta dalla Confederazione Generale del Lavoro ha dimostrato come realmente anche questi uomini, che nel campo politico vogliono distinguersi con la preferenza verso un modo piú dolce di condurre la nostra politica, sanno compiere realmente la loro funzione di socialisti, massime nell'organizzazione del proletariato. (Approvazioni). Perché attraverso tutte le critiche che possono fare i torinesi dell'Ordine Nuovo, nessuno ha, poi, potuto rilevare da parte di loro un qualche abuso di potere...
Voce: Il controllo delle fabbriche !
LAZZARI: Appunto: il controllo delle fabbriche. I compagni dell'Ordine Nuovo nelle continue critiche fatte alle deficenze del nostro Partito — che riconosciamo anche noi, ma che non si accomodano con la scissione presentata — hanno accennato anche a questo. Ma avete voi visto un recente fenomeno comunista? Avete sentito come il Partito comunista boemo si sia staccato dall'Internazionale? Esso oggi ha dichiarato di staccarsi dalla Terza Internazionale: come si vede il rimedio è trapassato in un altro campo. I nostri compagni vanno rilevando come, dopo Caporetto, il discorso di Filippo Turati fu nocivo alla politica socialista. I compagni dell'Ordine Nuovo avrebbero fat[...]

[...]la scissione presentata — hanno accennato anche a questo. Ma avete voi visto un recente fenomeno comunista? Avete sentito come il Partito comunista boemo si sia staccato dall'Internazionale? Esso oggi ha dichiarato di staccarsi dalla Terza Internazionale: come si vede il rimedio è trapassato in un altro campo. I nostri compagni vanno rilevando come, dopo Caporetto, il discorso di Filippo Turati fu nocivo alla politica socialista. I compagni dell'Ordine Nuovo avrebbero fatto bene a
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ricordare come dopo la rotta di Asiago il compagno Turati ha investito Salandra ed ha schiacciato il Governo italiano. (Approvazioni).
Voce: Rifare l'Italia ! (Tumulto).
LAZZARI: Cosí tutto va a risolversi in uno spirito di egemonia in questi uomini che hanno la superbia di credersi la parte piú avanzata, piú cosciente, che sentono quindi la volontà di diventare i dittatori del movimento del Partito. (Approvazioni, applausi della maggioranza).
Questo spirito di egemonia è quello che ha servito l'anno scorso per venirmi addosso al Congresso di Bologna. Ma oggi n[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] A. Caracciolo, A proposito di Gramsci, la Russia e il movimento bolscevico in Studi gramsciani

Brano: [...]o da alcune circostanze che valgono per ogni studio gramsciano, ma che pensiamo doveroso segnalare nuovamente in questa sede. In primo luogo sta quella di possedere ancora una edizione assai parziale degli scritti anteriori al carcere. Gli scritti del 191718, ripubblicati su Rinascita quest'anno, lasciano ancora desiderare altri articoli dello stesso periodo che solo adesso, a dodici anni dalla Liberazione, sono in corso di ristampa. Quelli dell'Ordine Nuovo, benché raccolti in volume, contengono omissioni che ognuno di noi ha potuto rilevare. Un vuoto completo vi è poi per la parte che inizia col 1921, benché naturalmente sia sempre possibile supplirvi con una minuta ricerca sui giornali del tempo. Tutte deficienze, queste, che ci inducono ad unirci alla diffusa richiesta di una edizione completa e criticamente valida dell'opera gramsciana, e a sollecitare anzi la facoltà ai singoli studiosi di accedere alla consultazione dei « quaderni » manoscritti che l'Istituto Gramsci ha in consegna e che devono considerarsi patrimonio di nessun altro che d[...]

[...]lcun modo una mistificazione. Vi è piuttosto, da un lato il risultato di quel lungo isòlamento dei socialisti italiani dalla vicenda russa, che Gramsci stesso aveva deplorato 3, e dall'altro
1 Un tipico esempio di ciò abbiamo già rilevato in un articolo su Passato e presente, n. 1, p. 41.
2 Articolo « L'organizzazione economica ed il socialismo », Il Grido del popolo, 9 febbraio 1918, non firmato.
3 Oltre i passi già ripubblicati nel volume L'Ordine nuovo, e che riguardano il 19191920 (vedi specialmente p. 406 e p. 414), si ritrova questo concetto nella Relazione al Comitato centrale del 3 luglio 1925: « Le esperienze dell'I. C., cioè
Alberto Caracciolo 99
— a noi sembra — la tensione di una mente che vorrebbe piegare a sé le realtà piú distanti e ricondurle tutte intere alla misura della propria passione.
Un importante esempio di questo modo di vedere si trova nella questione del rapporto tra Soviet russi e Consigli di fabbrica italiani. E si può cominciare da qualche rilievo sulla precisione stessa dei dati d'informazione adoperati da Gra[...]

[...]rtito russo ma anche degli altri partiti fratelli, non giunsero fino a noi e non furono assimilate dalla massa del partito altro che saltuariamente ed episodicamente. In realtà il nostro partito si trovò ad essere staccato dal complesso internazionale», ecc.
1 Vedi soprattutto le preoccupazioni per « nuove forme di sindacalismo » e « nuove situazioni burocratiche che in tre anni sono venute costituendosi », nell'art. « Sindacati e consigli », L'Ordine Nuovo, 5 marzo 1921, non firmato.
2 Articolo « Il partito comunista », L'Ordine Nuovo, febbraio 1921, non firmato.
3 M. DOBB, Storia dell'economia sovietica, Roma, 1957, p. 151.
100 I documenti del convegno
si è generalmente attribuita a una sorta di giovanile infatuazione o all'influenza di teorie sindacaliste e volontaristiche non marxiste. Altri potrà esaminare se non vi sia invece qui precisamente una sensibilità verso la piú genuina concezione marxiana dello Stato comunista come Stato dei produttori, come palestra di autogoverno, come luogo che rivaluta e torna a far emergere progressivamente dalla società politica la società civile. Si tratta comunque di una inclinazi[...]

[...]are se non vi sia invece qui precisamente una sensibilità verso la piú genuina concezione marxiana dello Stato comunista come Stato dei produttori, come palestra di autogoverno, come luogo che rivaluta e torna a far emergere progressivamente dalla società politica la società civile. Si tratta comunque di una inclinazione inconfondibile del pensiero gramsciano, che lo distingue dal pensiero di Lenin e che a sua volta distingue il movimento dell'« Ordine Nuovo » — tutto generato dal basso, articolato, autogovernato — dal movimento dei Soviet russi tendente alla centralizzazione.
Non si può confondere il ruolo dei Soviet nella rivoluzione e dopo, col ruolo dei Consigli di fabbrica torinesi. Innanzitutto i Soviet, come organi di potere, erano diversi dai veri e propri Consigli di azienda che in Russia (seppure con compiti modesti, per la povertà dell'iniziativa proletaria in molti luoghi e anche per l'accentramento in atto, fin dalla primavera 1918, nella direzione economica dello Stato) erano stati creati. E cosí non si può parlare in Russia di ges[...]

[...]osa e di portare nel proprio paese fino alle estreme conseguenze. Per questo, laddove egli piú liberamente prefigura il significato di un movimento consiliare che giunga al potere dello Stato, abbiamo davanti agli occhi un quadro già molto diverso da ciò che era in atto in Russia. Attraverso l'esperienza e la propaganda, egli dice, le istituzioni consiliari « si svilup
1 « Sindacati e consigli », dell'ottobre 1919, giá ripubblicato nel volume L'Ordine Nuovo, pp. 3839.
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parono, si incorporarono nuove e piú importanti funzioni amministrative, e finalmente, diventati organi costituzionali dello Stato proletario, realizzarono l'autonomia sovrana del lavoro nella produzione », ecc.', e quindi la Rivoluzione russa confermerebbe che « la costruzione dei Soviet politici comunisti non può che succedere storicamente a una fioritura e a una prima sistemazione dei Consigli di fabbrica » 2. Per Gramsci il Consiglio di fabbrica è autentico ed essenziale organo di potere, e questo non viene delegato al partito politico, né tanto meno al[...]

[...]mo dei bolscevichi, per la quale un pugno dii uomini si sostituirebbe alla « libera voce della coscienza universale », e verrebbe instaurata una illimitata dittatura.
1 Vedi tra gli altri gli scritti pubblicati nello scorso anno da R. Guiducci, G. Scalia, M. Spinella. Deformate dalla volontà di ricondurre il pensiero gramsciano alla prassi attuale, invece, le conclusioni che trae F. Ferri su Rinascita, settembre 1957.
2 « Controllo operaio», L'Ordine Nuovo, 10 feb. 1921.
3 « Per conoscere la rivoluzione russa », Il Grido del popolo, 22 giugno 1918, non firmato.
4 « La conquista dello Stato », L'Ordine Nuovo, 12 luglio 1919, O. N., p. 18.
Alberto Caracciolo 103
Tutto il pensiero gramsciano era teso, come si può vedere anche nelle analisi sulla situazione italiana, verso questa concezione dell'egemania e del consenso diffuso come necessità anteriori alla rivoluzione. Per questo egli, vedendo la Rivoluzione russa di lontano, non poteva immaginarla che come un blocco di consapevolezza e di egemonia bene acquisita. Egli riteneva che tanto il proletariato industriale quanto quello agricolo fossero preparati, anche culturalmente, alla direzione della nuova società 1. Insisteva sul « carattere essenzi[...]



da [Gli interventi] Paolo Spriano in Studi gramsciani

Brano: [...]erso il conforto di una indagine concreta, la concezione gramsciana della pdlitica. Essa è appunto, come già ha ricordato il prof. Garin, una continua lezione realistica, un aderire di ogni affermazione generale a momenti e movimenti reali delazione. Credo che, applicando tale metodo a questo problema particolare, noi riusciamo a (liberarlo da ogni astrattezza ed a ricondurlo in quei termini essenzialmente politici in cui Gramsci e il gruppo deW Ordine Nuovo lo intesero.

Potremo cosi evitare quellopera di sollecitazione arbitraria dei testi che proprio Gramsci ripudiava e che si tende, da qualche parte, a fare a sue spese su alcune proposizioni assunte come espressione di affermazioni generali di dottrina, valide universalmente.

Brevemente intendo ricordare che ce un angolo visuale illuminante sulla questione : quello della esperienza stessa della alasse operaia torinese nel primo ventennio del nostro secolo, soprattutto nel decennio giolittiano e .prima della guerra mondiale. Varrà 'la pena di ricordare, infatti, che gli articoli gramscian[...]

[...]e a sue spese su alcune proposizioni assunte come espressione di affermazioni generali di dottrina, valide universalmente.

Brevemente intendo ricordare che ce un angolo visuale illuminante sulla questione : quello della esperienza stessa della alasse operaia torinese nel primo ventennio del nostro secolo, soprattutto nel decennio giolittiano e .prima della guerra mondiale. Varrà 'la pena di ricordare, infatti, che gli articoli gramsciani dell’Ordine Nuovo, stesi nel fuoco della lotta, in una situazione quale quella del ’19’20, che non ho qui bisogno di richiamare (anche dopo quanto è stato detto da alcuni relatori e da alcuni intervenuti nella discussione), erano rivolti precisamente a quegli operai538

Gli interventi

torinesi, « in carne ed ossa », per usare una famosa espressione gramsciana, scritti per loro, sulla base della loro esperienza vissuta.

Uno studio sul periodo in cui un proletariato moderino si forma a Torino ed assume via via, con esemplare linearità, i suoi caratteri tipici di proletariato particolarmente omogeneo, co[...]

[...]mica contro il riformismo e contro iil sindacalismo. Tale polemica, mentre è resa indilazionabile par la situazione estremamente delicata ed urgente, per la chiarificazione che deve sollevare in mezzo .alile masse, si mostra capace di mordere niella reale esperienza, nella psicologia stessa delle masse operaie torinesi. Non è casuale — in proposito — che contro il sindacalismo si muova la più veemente polemica di Gramsci, in questo periodo1 dell’Ordine Nuovo. Si guardi infatti quanta acutezza di giudizio, quanto equilibrio storico, pur nel fuoco di una polemica politica, contenga una affermazione gramsciana sull’Ordine Nuovo del 1919, mossa dalla preoccupazione, del presente, di indicare proprio nei sindacalisti il maggiore grado di errore, tendente a mettere in guardia la classe operaia torinese dal ripetere esperienze negative di questo tipo. Dice Gramsci appunto nel 1919: «Negare e combattere lo Stato è fatto politico tanto quanto inserirsi nell’attività generale storica che si unifica nel Parlamento e nei Comuni, istituzioni popolari dello Stato... I sindacalisti lavoravano fuori dalla realtà e quindi la loro politica era fondamentalmente errata; i socialisti parlamentaristi lavoravano nell'intimo delle cose,[...]

[...]dal fatto che per dieci anni il proletariato torinese aveva invano cercato di dar vita ad un suo movimento organizzato attraverso' le Commissioni interne, ignorate miei loro valore maieutico, direi, dai sindacalisti, allo stesso modo che, durante la guerra, furono ridotte ad organi di collaborazione di classe dai riformisti.

Si potrebbe ritrovare questo punto di partenza nello stesso modo come si sviluppò la discussione in seno al gruppo dell’Ordine Nuovo, volta a cercare in (Italia il germe che corrispondesse al Soviet russo. Ma, pur540

Gli interventi

restando nell’angolo visuale che ho scelto per questo breve intervento, la predicazione gramsciana si rivela subito con una preoccupazione essenziale, che giustamente ci ricordava l’on. Togliatti : educare il moto spontaneo che sorgeva da questi istituti, creati davvero dalla storia del movimento operaio, « indirizzarlo, purificarlo » — sono parole del Gramsci dei Quaderni —, dargli quell’elemento di direzione che era prima mancato e che aveva segnato una vicenda di insuccessi ricorrenti;[...]

[...]i nostri nazionaliliberali a inon voler racchiudere negli scherni del passato la Rivoluzione russa, a non nutrire illusioni, a non evocare fantasmi, poiché « ...si tratta — egli iscriveva — di una nuova realtà estremamente costruttiva ».

È lo stesso atteggiamento metodologico del Gramsci di due anni prima, del 1917, sul Grido del popolo. E una ricerca filologica può agevolmente provare quanto il Gobetti del 1919 e del ’20 debba al gruppo del'YOrdine Nuovo, a Gramsci in particolare, per la comprensione della Rivoluzione sovietica, per la correzione dei suoi stessi primi giudizi, quanti caratteri comuni abbia la loro interpretazione pur restando una differenziazione di fondo tra di marxista, da un lato, ed ili giovane liberale crociano, dall’altro.

La parentesi, ora chiusa, può essere stata utile per ritornare, e concludere, al concetto informatore di un Gramsci che svolge già in questi anni un’opera suscitatrice di un nuovo impegno rivoluzionario in Italia. Per ricordare, infine, come i Consigli di fabbrica si situano lungo questa linea stor[...]



da [Gli interventi] Alberto Caracciolo in Studi gramsciani

Brano: [...]r esempio dell’apporto fisico degli operai alla direzione delle fabbriche, che per una serie di ragioni inerenti alla maniera di sviluppo della Rivoluzione era assai meno imponente di quello che Gramsci, in alcuni suoi passi, mostrasse di ritenere. Ho portato anche alcuni elementi che mi hanno indotto a concludere che, a proposito di iniziativa e di gestione operaia, vi siano alcune importanti originalità nel pensiero di Gramsci e negazione dell'Ordine Nuovo e di Gramsci stesso, rispetto a quella sovietica. Sarà da vedere quanto in questo vi sia di residuo delle iniziali teorie sindacaliste o volontaristiche, delle cui letture Gramsci era particolarmente preso, si potrà anche esaminare se non vi sia qui una certa particolare sensibilità verso la concezione marxiana dello Stato comunista, come Stato dei produttori, come palestra di autogoverno, come luogo che rivaluta e torna a far riemergere progressivamente dalla società politica la società civile.

Si tratta comunque, mi pare, di una inclinazione inconfondibile del pensiero gramsciano, che lo[...]

[...]qui una certa particolare sensibilità verso la concezione marxiana dello Stato comunista, come Stato dei produttori, come palestra di autogoverno, come luogo che rivaluta e torna a far riemergere progressivamente dalla società politica la società civile.

Si tratta comunque, mi pare, di una inclinazione inconfondibile del pensiero gramsciano, che lo distingue per certi aspetti dal pensiero di Lenin e che a sua volta distingue il movimento dell’Ordine Nuovo, tutto generato dal basso, articolato, autogovernato, dal movimento dei Soviet russi, più tendente a forme di centralizzazione.

Ber Gramsci il Consiglio di fabbrica è autentico ed essenziale organo del poterle che non può in alcun modo essere sostituito dal partito politico o dagli organismi eletti con suffragio universale, cioè dagli organismi di tipo parlamentare. « La soluzione effettiva — scrive nella primavera del 1920 — può essere effettuata solo dalla massa stessa e solo attraverso il Consiglio di fabbrica. La massa non si lascerà più lusingare dalle promesse mirabolanti dei capi si[...]

[...]ne nella storia del movimento operaio italiano il tenta564

Gli interventi

tivo più ardito compiuto dalla parte più avanzata del proletariato per realizzare ia propria egemonia nella lotta per rovesciare il potere delk borghesia ed instaurare la dittatura del proletariato ».

Per questo, grazie a questo impegno del quale ogni atto ed ogni pagina dell'azione sua sono testimoni, mi pare si possa parlare di un Gramsci e di un movimento dell’Ordine Nuovo che si inquadrano con le loro originalità e peculiarità nel grande filone leninista dei problemi dello Stato operaio. E non avrei bisogno di ripeterlo tanto la cosa appare ovvia se non mi avesse colpito, in verità, il fatto che nel testo a noi distribuito defila redazione Togliatti, mentre si parla molto di dittatura e di egemonia, di partito di avanguardia e di intellettuali organici, quesito argomento 'invece si accenna solo di sfuggita per dichiarare inaccettabile la tesi secondo la quale il Consiglio conterrebbe in sé la soluzione del problema del potere, cioè la conquista di esso e la cr[...]

[...]a, con più organicità rispetto all'intera teoria del potere. « La Rivoluzione proletaria in Russia — si dice ad un certo punto — ha stabilito le basi della dittatura del proletariato: i Soviet. La nuova divisione fondamentale del movimento operaio, alla quale dappertutto noi andiamo «incontro, è 1) il Partito; 2) i Consigli operai, Soviet; 3) le associazioni di ;produttori sindacali».

L’importante è di osservare come Gramsci ed il gruppo dellYOrdine Nuovo e quindi successivamente il Partito comunista fossero decisamente >i più strenui difensori della tattica proposta dairinternaziomale Comunista in Italia e quindi non potessero che partecipare a questa concezione. « Aderire aliinternazionale comunista — scriveva Gramsci fin dal 1919 — significa ingranare le proprie istituzioni con quelle degli Stati proletari di Russia e di Ungheria. La Internazionale comunista deve essere una rete di istituzioni proletarie che dal loro seno stesso esprimono una gerarchia complessa e bene articolata ».Alberto Caracciolo

561

Ed ancora in queirarticolo in[...]



da Giancarlo Bergami, Partito e prospettiva della rivoluzione comunista in Bordiga in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...]iava i problemi della tattica efficace per giungere all'unità di azione
e alla coesione delle forze proletarie. Bordiga rettifica la nota formula del centralismo democratico, poiché la democrazia « non può essere per noi un principio; il centralismo lo è indubbiamente, poiché i caratteri essenziali del
2 A. BORDIGA, Partito e classe, « Rassegna Comunista », Milano, I, n. 2, 15 aprile 1921, p. 63; dr. anche A. BoRDIGA, Il Partito Comunista, « l'Ordine Nuovo », Torino, I, n. 120, 1° maggio 1921, p. 1.
PARTITO E PROSPETTIVA DELLA RIVOLUZIONE COMUNISTA IN BORDIGA 265
l'organizzazione del partito devono essere l'unità di struttura e di movimento »3. Il rilievo, coerente con un approccio subordinante la tattica a un corpus di verità allergiche alla verifica dei fatti, è la spia di un dissenso di fondo tra la direzione del PCD'I e il Komintern, dissenso che si manifesta a proposito del modo di intendere e applicare la serie di 25 tesi sul fronte unico operaio divulgate nel dicembre del 1921 dall'Esecutivo dell'Internazionale comunista.
Mentre nella[...]

[...] metodo socialdemocratico valga quanto quello fascista. Anzi, l'acutizzarsi della pressione rivoluzionaria indurrà la classe borghese a dispiegare al massimo i due dispositivi ai quali essa si affida per la propria salvezza: « Essa ostenterà la piú audace politica democratica e socialdemocratica mentre sguinzaglierà le squadre della organizzazione militare bianca per seminare il terrore nelle file del proletariato » (A. Bordiga, Il fascismo, « l'Ordine Nuovo », Torino, I, n. 320, 17 novembre 1921, p. 2).
2. L'analisi del fascismo nel primo tempo del PCD'I. All'interno di questo discorso si qualifica la ricognizione bordighiana della natura del fascismo, identificato con un espediente di reazione borghese, con un'organizzazione di guardie bianche di cui la borghesia si sarebbe liberata non appena raggiunto l'obiettivo di coinvolgere nella collaborazione di governo i socialdemocratici riluttanti. Secondo il punto di vista comunistico — rifiutato dal partito socialista, che invece persegue con ostinazione « uno stagnamento della situazione entro i[...]

[...]o stagnamento della situazione entro il ritorno "alla vita normale" che gli lasci continuare la tradizionale opera pacifica a cui è foggiata la sua struttura » —, il fascismo « non è che un altro aspetto della violenza statale borghese contrapposta alla fatale violenza rivoluzionaria del proletariato come ultima ratio difensiva e controffensiva » 5. Il che non vieta poi di scorgere i molteplici con
5 A. BORDIGA, Come matura il « noskismo », « l'Ordine Nuovo », Torino, i, n. 200, 20 luglio 1921, p. 1.
PARTITO E PROSPETTIVA DELLA RIVOLUZIONE COMUNISTA IN BORDIGA 267
traddittori legami del fascismo con i ceti medi e col blocco di forze con
servatrici dominanti in Italia all'indomani della guerra mondiale. Nel suo rapporto sul fascismo al iv Congresso mondiale (12a seduta Mosca, 16
novembre 1922), Bordiga indica nella seconda metà del 1920 il punto culminante della crisi rivoluzionaria del biennio rosso, col volgersi delle classi
medie dalla neutralità, se non in alcuni casi dall'aperta simpatia, verso il movimento operaio all'appoggio palese [...]

[...]e Clementi, Amadeo Bordiga, cit., p. 147).
Prende forma allora la previsione che la situazione italiana si sarebbe evoluta secondo il modello sperimentato dalla socialdemocrazia tedesca, ripetendo i socialisti nostrani la parabola riformistica e il collaborazionismo dei colleghi alla guida della repubblica di Weimar dopo lo schiacciamento militare della Germania guglielmina. Ma è pur vero che l'incomprensione della
8 La replica di Bordiga, « l'Ordine Nuovo », Torino, II, n. 87, 28 marzo 1922, p. 3. Per Andrea Viglongo, in Bordiga permane una riserva di fondo verso la tattica e la disciplina dell'Internazionale: « non per politicantismo, ma proprio per la sua particolare forma mentis, per certi suoi apriorismi, per la sua naturale rigidità di uomo tutto d'un pezzo, convinto come un apostolo, inflessibile come un capo militare ». In altri termini, la tattica del fronte unico fu da Bordiga combattuta special mente perché egli « non poté ammettere mai un'azione comune tra un Partito omogeneo e disciplinato come il Comunista e l'inconcludenza caotic[...]



da Eugenio Garin, Gramsci nella cultura italiana in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 1 - 1 - numero 30

Brano: [...]be porre mai sullo stesso piano l'articolo del « Grido del Popolo » in morte di Renato Serra e i testi dei quaderni su Croce., Ma si tratta di una chiara linea di approfondimento, non della verifica di una dialettica di tipo crociano fra un pensiero e un'azione fra loro `distinti'. La saldatura di teoria e pratica, di pensiero e azione, fu anzi in Gramsci, a un certo momenta, così `realmente' raggiunta che, come i suoi più energici articoli di « Ordine Nuovo » mettono efficacemente e criticamente a fuoco le questioni del momento in cui operano, così, quanto più profondo sembra farsi il suo ironico distacco (17), tanto più aderente si rivela il suo pensiero al moto delle cose, più pertinenti le osservazioni, più legate alle vicende effettuali: unitarie nell'ispirazione, puntualizzate nello scarno linguaggio di una nota. Così fu costantemente partecipe al dibatttito culturale anche nel momento della sua segregazione e lo segui fin negli aspetti marginali, in un dialogo serrato con l'altra posizione allora effettivamente significativa da noi: con l'[...]

[...]con una certa tradizione e la lotta per un'altra Italia, si configurano così — agli occhi di Gramsci — saldamente radicate nella stessa storia d'Italia: rappresentano la vittoria di forze vitali, di possibilità positive contra soluzioni esaurite: e sono, perciò spesso, non più parziali, ma veramente rispondenti all'aspirazione di tutta l'Italia, di tutta la sua storia, di tutto il suo popolo. Come non ricordare l'articolo pubblicato nel '19 sull'Ordine Nuovo, a proposito dei rivoluzionari russi (19): « hanno sistemato in organismo complesso e agilmente articolato la... vita più intima [del popolo], la sua tradizione e la sua storia spirituale e sociale più profonda... Hanno rotto col passato, ma hanno continuato il passato; hanno spezzato una tradizione, ma hanno sviluppato e arricchito una tradizione... In ciò sono stati rivoluzionari » in quanto hanno rivelato al popolo che « il nuovo stato era il suo stato, la sua vita, il suo spirito, la sua tradizione ». La rivoluzione non va mai contro il moto storico: é il punto in cui il processo rompe gl[...]

[...]rebbero che il partito si faccia sostenitore e propagatore dell'Esperanto a. E prosegue: « non c'é nella storia, nella vita sociale, niente di fisso, di irrigidito, di definitivo. E non ci sarà mai. Nuove verità accrescono il patrimonio della sapienza, nuovi bisogni, nuove curiosità intellettuali e morali pungono lo spirito... a.
GRAMSCI NELLA CULTURA ITALIANA 167
essere combattuta teoricamente come infantilismo primitivo ». E in un testo dell'Ordine Nuovo aveva ben precisato cosa fosse il suo umanesimo integrale: «studia, nella storia, tanto le forze economiche che le forze spirituali, le studia nelle interferenze reciproche, nella dialettica ' che si sprigiona dai cozzi inevitabili tra la classe capitalista, essenzialmente economica, e la classe proletaria, essenzialmente spirituale, tra la conservazione e la rivoluzione. La demagogia, l'illusione, la menzogna, la corruzione della società capitalistica non sono accidenti secondari della sua struttura; sono inerenti al disordine, alla scatenamento delle brute passioni, alla feroce concorrenza [...]



da [Le relazioni] E. Garin, Gramsci nella cultura italiana in Studi gramsciani

Brano: [...]ebbe porre mai sullo stesso piano l’articolo del Grido del popolo in morte di Renato Serra e i testi dei Quaderni su Croce. Ma si tratta di una chiara linea di approfondimento, non della verifica di una dialettica di tipo crociano fra un pensiero e un’azione fra loro « distinti ». La saldatura di teoria e pratica, di pensiero e azione, fu anzi in Gramsci, a un certo momento, cosi « realmente » raggiunta che, come i suoi più energici articoli òelYOrdine Nuovo mettono efficacemente e criticamente a fuoco le questioni del momento in cui operano, cosi, quanto più profondo sembra farsi il suo ironico distacco1, tanto più aderente si rivela il suo pensiero al moto delle cose, più pertinenti le osservazioni, più legate alle vicende effettuali: unitarie nell’ispirazione, puntualizzate nello scarno linguaggio di una nota. Cosi fu costantemente partecipe al dibattito culturale anche nel momento della sua segregazione e lo segui fin negli aspetti marginali, in un dialogo serrato con l'altra posizione

per studiare e comprendere gli avvenimenti del passato[...]

[...]n una certa tradizione e la lotta per un’altra Italia, si configurano cosi — agli occhi di Gramsci — saldamente radicate nella, stessa storia d’Italia : rappresentano la vittoria di forze vitali, di possibilità positive contro soluzioni esaurite: e sono, perciò stesso, non più parziali, ma veramente rispondenti all’aspirazione di tutta l’Italia, di tutta la sua storia, di tutto il suo popolo. Come non ricordare l’articolo pubblicato nel ’19 sull’Ordine Nuovo, a proposito dei rivoluzionari russi1: « hanno sistemato in organismo complesso e agilmente articolato la... vita più intima [del popolo}, la sua tradizione e la sua storia spirituale e sociale più profonda... Hanno rotto col passato, ma hanno continuato il passato; hanno spezzato una tradizione, ma hanno sviluppato e arricchito una tradizione... In ciò sono stati rivoluzionari » in quanto hanno rivelato» al popolo che « il nuovo Stato era il suo Stato, la sua vita, il suo spirito, ia sua tradizione ». La rivoluzione non va mai contro il moto storico : è il punto in cui il processo rompe gli [...]

[...] per un marxismo che sia davvero, com’egli dice, umanismo integrale: e proprio per questo non esita a ribellarsi contro ogni economismo e ogni determinismo assoluto: « La pretesa — ribadisce — presentata come postulato essenziale del materialismo storico, di esporre ogni fluttuazione della politica e dell’ideologia come un’espressione immediata della struttura, deve essere combattuta teoricamente come infantilismo primitivo ». E in un testo dell’Ordine Nuovo aveva ben precisato cosa fosse il suo umanismo integrale: « studia, nella storia, tanto le forze economiche che le forze spirituali, le studia nelle interferenze reciproche, nella dialettica che si sprigiona dai cozzi inevitabili tra la classe capitalista, essenzialmente

1 O. N., pp. 45, 9, 15, 18. A proposito dell’esperantismo è interessante l’articolo «La lingua unica e l’esperanto», Il grido del popolo, 16 febbraio 1918 (con le iniziali A. G.) : « Quale atteggiamento devono prendere i socialisti in confronto dei banditori di lingue uniche...?... combattere quelli che vorrebbero che il p[...]



da Federico Sanguineti, Varietà e documenti. Caterina Sforza nel "mito" Gramsciano in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...].
TV'
VARIETÀ E DOCUMENTI
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Possiamo quindi meglio comprendere il progetto gramsciano di scrivere in carcere, sul modello del Principe, un libro drammatico nel senso di un dramma storico in atto, in cui le massime politiche si presentano come necessità individualizzata, tenendo presente che per Gramsci la storia è già, nella figura di Caterina Sforza, una necessità individualizzata.
Nel primo editoriale che Gramsci scrive per l'« Ordine Nuovo », La taglia della Storia, Caterina Sforza è definita la sovrana assoluta del destino degli uomini: una dea Storia che Gramsci ormai contrappone alle alcinesche seduzioni idealistiche della dea Libertà di Croce.
Cosa domanda ancora la Storia al proletariato russo per legittimare e rendere permanente le sue conquiste: quale altra taglia di sangue e di sacrifizio pretende ancora questa sovrana assoluta del destino degli uomini?... La Storia domanda per il suo buon riuscimento taglie mostruose come quelle che il popolo russo è costretto a pagare... la Storia è dunque in Russia... la rivoluzione[...]

[...]ifuggono dall'assumersi le responsabilità che comporta la loro posizione » 13
Si comprende che Gramsci nei Quaderni del carcere definisca la Storia come attività rivoluzionaria che crea nuovi rapporti sociali. Cosi Gramsci ricava da Machiavelli i due simboli, fra loro indissolubili, nei quali è possibile riassumere tutto il suo pensiero: Caterina Sforza è la Storia, il Principe è il Partito.
FEDERICO SANGUINETI
11 La taglia della Storia, in L'Ordine Nuovo (19191920), Einaudi, Torino 1954, pp. 610.
12 Manca ancora un lavoro organico sulla concezione gramsciana della storia confrontata con le Tesi di Benjamin; si veda per ora F. DESIDERI, Il nano gobbo e il giocatore di scacchi. Le «Tesi sul concetto di Storia » di Benjamin, in « Metaphorein », a. I, n. 3, marzogiugno 1978, pp. 4881.
13 Senza uscita?, in Socialismo e fascismo. L'Ordine Nuovo (19211922), Einaudi, Torino 1966, p. 303. Cfr. anche Passato e presente. Spontaneità e direzione consapevole, in Quaderni del carcere, edizione critica dell'Istituto Gramsci, a cura di V. Gerratana, Einaudi, Torino 1975, p. 330.



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] G. Trevisani, Gramsci e il teatro italiano in Studi gramsciani

Brano: Giulio Trevisani
GRAMSCI E IL TEATRO ITALIANO.
L'attività del giovane Gramsci come critico teatrale comincia il 16 gennaio 1916 quando l'Avanti! inizia nell'edizione piemontese la pagina di cronaca di Torino, e finisce il 16 dicembre 1920, quindici giorni prima dell'apparizione dell'Ordine Nuovo quotidiano. Dal suo ventiseiesimo al suo trentesimo anno — l'intenso quinquennio della segreteria della sezione socialista, dell'Ordine Nuovo rivista e della latta per la fondazione del partito comunista — Gramsci riesce ad intercalare una costante attività giornalistica, alternando ai caustici commenti della rubrica « Sotto la mole » la critica teatrale. Gobetti, che si compiacque di posizioni paradossali contro la critica teatrale, scrisse: « Si può compiere con utilità anche l'esperienza di critico teatrale; ma se la si smette presto » : e Gramsci, infatti, sotto il peso, d'altronde, di ben piú gravi responsabilità, sembra aver dato ragione a Gobetti, lasciando la rubrica dell'Ordine Nuovo, ed affidandola a lui. Il contributo, c[...]

[...] costante attività giornalistica, alternando ai caustici commenti della rubrica « Sotto la mole » la critica teatrale. Gobetti, che si compiacque di posizioni paradossali contro la critica teatrale, scrisse: « Si può compiere con utilità anche l'esperienza di critico teatrale; ma se la si smette presto » : e Gramsci, infatti, sotto il peso, d'altronde, di ben piú gravi responsabilità, sembra aver dato ragione a Gobetti, lasciando la rubrica dell'Ordine Nuovo, ed affidandola a lui. Il contributo, comunque, che Gramsci dette al teatro italiano dal 1916 al 1920 fu di importanza notevole, non tanto, crediamo, per la validità critica, pur notevole, delle singole recensioni — quelle note che nascono nelle ore piccole della notte, da una frettolosa fusione fra critica e cronaca — quanto per la visione completa che, in quelle recensioni ed in vari articoli, egli mostrò di avere del fenomeno teatrale, considerato sia sotto l'aspetto artistico, sia sotto quello economico.
Quale era la particolare fisionomia del teatro europeo e, in ispecie, del teatro ita[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Ordine Nuovo, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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