Brano: [...]é piccoli gruppi di giovani appassionati e dediti alla causa, a Mazzini. Ricorda infine che uscendo da quell'incontro, « in via Venti Settembre », qualcuno commentò: « È un editore quacchero ». Non saprei dire se per questa impressione o per altri motivi, certo è che Calosso non collaborò a « Energie nove », come del resto neppure alla seconda rivista gobettiana « La rivoluzione liberale », e si avvicinò sin dai primi mesi della fondazione a « l'Ordine Nuovo » con una lettera aperta al giornale pubblicata il 9 agosto 1919, e ne diventerà assiduo collaboratore quando il settimanale si trasformerà in quotidiano 2. L'unico contributo di Calosso alle riviste gobettiane è un articolo
1 Questo riferimento a Gramsci trova un riscontro nella nota del carcere che Gramsci dedicò allo stesso argomento, a proposito del libretto di V. MORELLO, Dante, Farinata, Cavalcante, Milano, Mondadori, 1927, ora in Quaderni del carcere, Torino, Einaudi, 1975, pp. 522526. La nota manoscritta di Calosso continua cosí: « È il canto dell'"amicizia stellare" dt cui parla Nie[...]
[...]a detto questo in un modo incomparabile. Io devo spiegar tutto questo attraverso la mia esperienza, senza gli svolazzi letterari infantili e cianurici e senza le note "erudite" del mio saggio infantile ». Inutile precisare che l'aggettivo « cianurici » è una scherzosa allusione a Vittorio Cian, allora professore di letteratura italiana all'università di Torino.
2 Per queste ed altre informazioni M. GRANDINETTI, Umberto Calosso: giornalista nell'Ordine Nuovo, relazione al Convegno sulla figura e l'opera di Calosso, svoltosi ad Asti il 13 e 14 ottobre.
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manzoniano, apparso su « Il Baretti » nell'aprile 1927, quando Gobetti era già morto 3.
Il secondo cenno autobiografico della prefazione su ricordata riguarda l'episodio ben più noto della sua successione a Gobetti come critico teatrale di « l'Ordine Nuovo ». Sospesa improvvisamente la pubblicazione di « Energie nove » nel febbraio 1920, Gobetti aveva iniziato a collaborare a « l'Ordine Nuovo » come critico teatrale nel gennaio 1920. Avendo dovuto rallentare la propria collaborazione dopo qualche mese, in parte perché sotto le armi dal luglio 1921, in parte perché all'inizio del 1922 era tutto preso ormai dal progetto della nuova rivista, Calosso fu chiamato spesso a sostituirlo. La prima nota teatrale attribuita a Calosso appare nel numero del 5 gennaio 1922, ed è dedicata alla rappresentazione di una commedia di Niccodemi, L'alba, il giorno e la notte. Da allora le note di Calosso siglate « m.s. », oppure firmate con lo pseudonimo « Mario Sarmati »4, si alterneranno a quelle di [...]
[...]itica teatrale, cit., pp. 601605.
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e il serioso Gobetti che si alternano nelle cronache teatrali appare evidentissimo. I giudizi di Calosso sono generalmente benevoli anche per le commedie che si capisce benissimo egli considera delle sciocchezze. Se s'impunta lo fa quando gli pare ne valga la pena. Si leggano le colonne dedicate alla Parisina di D'Annunzio: « Poesia? No, melodramma, un pessimo libretto per musica » (« l'Ordine Nuovo », 4.4.1922, p. 4, firmato « m.s. »). Del resto, quando gliene viene l'occasione non esita a esprimere senza tanti complimenti ciò che lo divide dall'amico armato di frusta. Per fare un esempio: Gobetti non amava Goldoni 7, ed ecco che Calosso nella cronaca della rappresentazione de Il ventaglio, sbotta: « Chi osa alzare la frusta sul grande Goldoni? » (« l'Ordine Nuovo », 7.2.1922, p. 3, firmato « m.s. »). L'allusione è evidente. In un articolo Il loggione settimanale, rispondendo ad alcuni lettori che gli avevano rimproverato di essere abitualmente troppo indulgente, espone il suo concetto del teatro come divertimento e, lamentando che Goldoni sia caduto in disgrazia, continua: « ... e piú d'un Baretti rinnovellato alza la frusta su un certo (cosi dicono) Goldoni stroncandolo in tutte le sue 200 commedie senza distinzione, e ben inteso, senza prima aver avuto la finezza di leggerle » (« l'Ordine Nuovo », 21.2.1922, p. 3, firmato « m.s. »). In altra occasio[...]
[...]oggione settimanale, rispondendo ad alcuni lettori che gli avevano rimproverato di essere abitualmente troppo indulgente, espone il suo concetto del teatro come divertimento e, lamentando che Goldoni sia caduto in disgrazia, continua: « ... e piú d'un Baretti rinnovellato alza la frusta su un certo (cosi dicono) Goldoni stroncandolo in tutte le sue 200 commedie senza distinzione, e ben inteso, senza prima aver avuto la finezza di leggerle » (« l'Ordine Nuovo », 21.2.1922, p. 3, firmato « m.s. »). In altra occasione, a proposito dell'Enrico IV di Pirandello, enuncia la sua interpretazione del teatro pirandelliano e poi commenta: « Tanto meno è il poeta della dialettica, come vuole il mio carissimo amico Baretti Giuseppe. Lo sdoppiamento non è movimento dialettico, ma incertezza e stasi sentimentale » (« l'Ordine Nuovo », 8.3.1923, p. 3, firmato « Mario Sarmati »).
Il dissenso col « carissimo amico » non era soltanto letterario. Negli stessi mesi (le cronache che ho citate stanno tra il gennaio e il marzo 1922) era apparsa la nuova rivista gobettiana, « La rivoluzione liberale » (il cui primo numero è del 12 febbraio). Nel n. del 12 gennaio di « l'Ordine Nuovo » apparve sotto il titolo Alla società di cultura l'annunzio che il 15 del mese Gobetti avrebbe tenuto una conferenza sulla « Rivoluzione liberale », « concetto e parola che è l'impresa di un settimanale politico che uscirà tra poco, diretto dallo stesso Gobetti ». Nel numero del 16 appare sotto il titolo La rivoluzione liberale un ampio commento alla conferenza. L'articolo non è firmato ma Giancarlo Bergami, cui devo questa ed altre preziose informazioni, tratte dalla imponente bibliografia gobettiana cui ha atteso in questi anni, ed è ora in corso di pubblicazione, lo ha attribuito, dietro [...]
[...]ne del resto che la lettura dell'articolo e delle altre note gobettiane di Calosso conferma. Spiega dunque l'anonimo commentatore come il conferenziere avesse cercato di rivelare il « mistero » delle due parole che formano il titolo della imminente rivista. Dal chiaro ed esauriente riassunto della conferenza risulta che Gobetti vi aveva illustrato le idee che costituiscono il famoso Manifesto di « La rivoluzione liberale » e che l'inviato de « l'Ordine Nuovo » era stato un ascoltatore intelligente e attento. Dopo il riassunto, la critica; una critica piutto
7 Si veda la recensione di « Gli innamorati » di Goldoni su « l'Ordine Nuovo » del 6.7.1921: « Non crediamo che Carlo Goldoni possa oggi avere un significato nella nostra cultura e nell'espressione della nostra sensibilità » (Scritti di critica teatrale, cit., p. 317).
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sto dura. Gobetti aveva esposto le sue idee sulla storia del Risorgimento, che passa attraverso il compromesso cavouriano per sfociare nel compromesso riformistico di Giolitti. In poche battute Calosso rifà a suo modo tutta la stessa storia. L'idea liberale che è apparsa tanto importante al Gobetti ha un valore secondario. I moti del '21 hanno una risonanza locale. La prima aff[...]
[...]avvedimento: « L'esperienza stessa — questa è la conclusione — potrà indicare la via di Damasco ad un ragazzo di cuore e di grande ingegno com'è Piero Gobetti ».
Non so se si possa addurre questa critica anticipata della rivista che sta per uscire come argomento per spiegare il fatto che Calosso non vi abbia mai collaborato. L'argomento principale peraltro è che « La rivoluzione liberale » nasceva non solo in concorrenza ma in contrasto con « l'Ordine Nuovo », e soprattutto si rivolgeva a un gruppo di potenziali collaboratori radicalmente diverso, e anzi polemicamente orientato contro i comunisti torinesi. A ogni modo quella critica non guastò i rapporti personali fra il criticante e il criticato, come prova fra l'altro un raro documento della cui conoscenza sono debitore ancora una volta a Bergami. Con la data del 23 gennaio 1922, di pochi giorni posteriore all'articolo su « l'Ordine Nuovo », Gobetti stampa e distribuisce un foglietto pubblicitario intestato alla rivista in cui annuncia una serie di conferenze, anzi di
8 Mi riferisco alla nota di Togliatti, I parassiti della cultura, in « l'Ordine Nuovo » del 15.5.1919, in cui Gobetti era accusato di essere gentiliano, che è accusa che ritorna anche negli scritti di Calosso. Alla nota di Togliatti Gobetti rispose con una nota, Polemica con l'Ordine nuovo, in « Energie nove », 20.5.1919 (ora in Scritti politici, Torino, Einaudi, 1960, pp. 113114).
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« letture », volte a « integrare l'opera di libera cultura promossa dalla nostra rivista La rivoluzione liberale ed effettuare il nostro proposito di severo e preciso lavoro per la formazione di una rinnovata coscienza politica ». Nel primo elenco di conferenzieri compaiono Salvemini con una conferenza sul partito popolare, Burzio su Giolitti, e Mario Sarmati, appunto Calosso, su « comunismo e intelligenza ». Da quel che si può capire il tema proposto da Calosso era una risp[...]
[...], e Mario Sarmati, appunto Calosso, su « comunismo e intelligenza ». Da quel che si può capire il tema proposto da Calosso era una risposta al tentativo gobettiano di far rivivere attraverso la nuova rivista il partito degl'intellettuali salveminiano. Ma se è pericoloso far congetture sul suo contenuto, tanto piú che la conferenza non dovette essere mai tenuta, si può dare per certo che Gobetti non solo non era stato punto dalla paternale di « l'Ordine Nuovo », ma riteneva utile, anche dopo la non benevola accoglienza del suo programma, valersi dell'appoggio che alla nuova rivista poteva venire da parte degli amici comunisti.
L'idea che solo il contatto diretto col movimento operaio avrebbe trasformato il dottrinario astratto in un combattente per la buona causa è un tema costante della polemica comunistica nei riguardi dell'attivismo ideologico gobettiano, ed è ormai diventato un luogo comune che la maturazione politica dell'adolescente fondatore di « Energie nove » sia avvenuta attraverso la collaborazione al giornale comunista. Del resto egli[...]
[...]sso riprende il tema nella prefazione del 1945, anzi ne fa il nucleo centrale della sua rievocazione. Prima del contatto con la classe operaia la cultura di Gobetti era prezzoliniana, gentiliana, missiroliana (« Prezzolini, Gentile, Missiroli: tre uomini senza carattere, interpretati da un giovane di carattere »). Croce venne piú tardi, ma c'erano poi anche Salvemini, Einaudi, Mosca, e i libri del giorno. Se non ci fosse stato l'incontro con « l'Ordine Nuovo » e la classe operaia torinese, tutte queste influenze avrebbero potuto generare « una farandola d'idee senza un centro, una riforma e un liberalismo missiroliano capace dei piú strani funambolismi dialettici, un moralismo prezzoliniano puramente librario ». Non accettò il socialismo ma fu a fianco degli operai. Cosí riuscí a inserire le lotte del lavoro in un liberalismo « di timbro religioso », e ne fece un esempio di « quella riforma morale » che il Risorgimento aveva tentato invano. (Poco prima lo aveva definito « religioso laico » 9.)
Questo ritratto può sembrare oggi un po' di maniera [...]
[...]to da allora infinite volte, e non si può dire che gli studi successivi l'abbiano cambiato tanto da renderlo irriconoscibile. Personalmente credo che il nucleo resistente del pensiero gobettiano sia salveminiano ed einaudiano, ed alla fin fine piú einaudiano che salveminiano, e alla lunga di ascendenza cattaneana con un di piú di giovanile ribollimento che gli veniva dalla consuetudine con Alfieri. Occorre dire che sui rapporti fra Gobetti e « l'Ordine Nuovo » Calosso era già intervenuto una volta e piú a lungo, prima
9 'Piú tardi lo stesso Calosso si definirà « cristiano mazziniano » (dalla relazione di Mariangiola Reineri al convegno su menzionato).
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della prefazione del 1945, in un articolo di ricordi gramsciani pubblicato sui
« Quaderni di Giustizia e Libertà » nel 1933 lo. Lontani ormai i tempi della sua collaborazione al giornale dei comunisti torinesi, giudica quella esperienza con simpatia ma anche con un certo distacco e muove a quel foglio lo stesso rimprovero di « dottrinarismo » che da ordinovista aveva moss[...]
[...]blicato sui
« Quaderni di Giustizia e Libertà » nel 1933 lo. Lontani ormai i tempi della sua collaborazione al giornale dei comunisti torinesi, giudica quella esperienza con simpatia ma anche con un certo distacco e muove a quel foglio lo stesso rimprovero di « dottrinarismo » che da ordinovista aveva mosso a Gobetti. Giunge addirittura ad attribuire a questo dottrinarismo la scissione del 1921: « una colpa, comune a tutte le frazioni, di cui l'Ordine nuovo ha la sua parte » (ivi, p. 77). Termina con una pagina sui rapporti fra il giornale e Gobetti. Ricorda l'ostilità con cui la prima rivista gobettiana fu accolta da Togliatti. Quindi rievoca l'episodio della conferenza con la quale Gobetti aveva presentato la nuova rivista,
e aggiunge che questa volta toccò a un altro redattore (che, come si è visto, era lui stesso) a fare alcune riserve amichevoli ma fondamentali. L'aver capito che
« in quel ragazzo sorridente c'era un attivismo ascetico e un puritanismo pratico che portava un accento originale » fu merito di Gramsci.
A questo punto Caloss[...]
[...]asi tutti i giovani pensanti e militanti (non importa se a destra o a sinistra) ne furono segnati. Ma per molti si trattò di una infatuazione giovanile che non lasciò tracce durature negli anni della raggiunta maturità. Il che avvenne certamente nel caso di Gramsci e di Gobetti. A ogni modo questo avvicinamento tra Gobetti e Gramsci induce Calosso a una conclusione inedita,
e cioè che « in un certo senso, "Rivoluzione liberale" fu l'erede de "l'Ordine Nuovo" » (ibidem). Inedita e isolata. Lo stesso Calosso non la riprese nella prefazione del 1945, dove si limitò a dire che « Rivoluzione liberale » fu « il foglio
lo Gramsci e l'« Ordine Nuovo » in « Quaderni di Giustizia e Libertà », n. 8, agosto 1933, pp. 7079, firmato « Fabrizio ». Nel numero successivo Calosso protesterà col proto che gli ha mutato lo pseudonimo « Fabrizi » in « Fabrizio ». Mentre Fabrizio è un nome romano che ricorda l'onomastica fascista, Fabrizi rievoca il personaggio mazziniano Nicola Fabrizi « vissuto a lungo in quest'angolo perduto [Malta] dove l'esilio mi ha proiettato » (Rettifica, in « Quaderni di Giustizia e Libertà », n. 9, novembre 1933, pp. 9495, firmato « ExFabrizi »).
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piú vivo d'Italia ». (Nell'articolo del 1933 aveva de[...]
[...]o lo pseudonimo « Fabrizi » in « Fabrizio ». Mentre Fabrizio è un nome romano che ricorda l'onomastica fascista, Fabrizi rievoca il personaggio mazziniano Nicola Fabrizi « vissuto a lungo in quest'angolo perduto [Malta] dove l'esilio mi ha proiettato » (Rettifica, in « Quaderni di Giustizia e Libertà », n. 9, novembre 1933, pp. 9495, firmato « ExFabrizi »).
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piú vivo d'Italia ». (Nell'articolo del 1933 aveva detto de « l'Ordine Nuovo » che era stato « uno dei fogli piú originali che l'Italia abbia avuto », ibidem.)
Tralascio riferimenti minori 11. L'ultimo articolo di Calosso dedicato a Gobetti apparve su « Il Mondo » nel n. del 14 maggio 1949, intitolato Gobetti tra Gramsci e Einaudi. Non sarebbe da ricordare perché in gran parte ripete cose dette nella prefazione del 1945, se non fosse per il riconoscimento dell'importanza che ebbe Einaudi nella formazione del giovane idealista, ideatore di una rivoluzione liberale in un'età in cui era avvenuta la prima rivoluzione socialista della storia. Un riconoscimento tardivo? A [...]